RASSEGNA STAMPA


31 GENNAIO 2003

 

RENATO MINORE

[Salvatore Veca
e il Nobel
Amartya Sen
Lo sviluppo? Si misura
anche con la libertà dei popoli

IDENTITÀ, globalizzazione, crisi della rappresentatività democratica nella prospettiva del mondo di oggi, con le sue crisi, i suoi scenari presenti e prossimi futuri. Negli spazi della Fondazione Cini a Venezia, per l’occasione dell’annuale convegno della Scuola Librai che quest’anno ha festeggiato i suoi vent’anni, si confrontano opinioni e punti di vista diversi, una vera e propria passerella di star intellettuali con economisti, filosofi, scrittori, sociologi come Amartya Sen, Remo Bodei, Salvatore Veca, Umberto Eco.
Sen affronta il tema della identità. A suo avviso ci vengono continuamente imposte identità che sono una semplificazione nella definizione di realtà più complesse perché l’individuo partecipa a un’infinità di gruppi. Siamo noi che possiamo decidere quali di queste identità siano più importanti. Quando qualcuno cerca di importi una identità, esercita una violenza cui bisogna resistere. Come nel caso del terrorismo e del fondamentalismo. Per il premio Nobel indiano è unilaterale descrivere una persona come arabo e mussulmano: quella rappresentazione è una delle sue molte identità, ma se ne possono avere altre. D’altro canto il fondamentalismo gli chiede di essere solo quella cosa, negando la sua storia e la sua complessità. Ci sono mussulmani di ogni tipo. L’idea di chiuderli in una sola identità è sbagliato. Vista la gravità e le conseguenze dei contrasti tra le varie identità sociali esistenti nel mondo, per lui sembra davvero impossibile l’assenza di riflessione etica che affligge buona parte dell’umanità. Per Salvatore Veca poteri sociali ubiqui esercitano una vera tirannia su vite di persone e decisioni prese da una parte della Terra hanno effetti in altre parti. E decisioni di pochi hanno e continuano ad avere effetti sulle vite di molti, di troppi esseri umani.
Da qui nasce quella che Remo Bodei chiama la drastica riduzione a pensare al futuro collettivo, la privatizzazione e la desertificazione del futuro. Tutto ciò deriva dalla fine della “cultura del progresso", che ci ha fatto credere che gli eventi possano marciare in una direzione. Ma quella stessa riflessione etica è necessaria nel valutare il fenomeno della globalizzazione che non va interpretata come un elemento dell’occidentalizzazione. Da sempre, dice Sen, i paesi non occidentali hanno attribuito alla ricchezza un valore. Il problema non è rinunziare alle conquiste della scienza e ai vantaggi forniti dalla tecnologia né agli incontestabili benefici che derivano dal vivere in società aperte anziché chiuse. Il problema è come fare buon uso della liberalizzazione dei mercati e dei risultati del progresso tecnico scientifico in modo che tutti i paesi, anche quelli del Terzo mondo, possano fruirne. Per raggiungere un adeguato sviluppo, i miglioramenti delle condizioni di vita degli individui possono andare di pari passo con la globalizzazione di una serie di diritti fondamentali, tra cui la libertà di espressione. Così, aggiunge Bodei, lo sviluppo non consiste in una maggiore ricchezza di beni materiali ma anche e soprattutto in un processo di trasformazione sociale che elimini le fonti principali di illibertà come l’ignoranza, la malattia, la mancanza di democrazia, lo sfruttamento indiscriminato delle risorse ambientali. Può accadere, continua Sen, che i deboli si spaventino e temano uno schiacciamento culturale, la macdonaldizzazione. Ma si possono spaventare pure i ricchi, quando vedono tanta emigrazione. Le finestre devono essere sempre aperte. Gli scambi hanno sempre arricchito l’uomo. Lo scambio tra culture diverse non può assolutamente essere visto come una minaccia.
Sullo sfondo, c’è la crisi della democrazia rappresentativa di cui parla Umberto Eco nell’intervento finale al convegno. Che comporta la caduta del momento elettorale (basti pensare al caso degli Usa dove solo il trenta per cento dei cittadini ha eletto Bush) e l’emergere di nuovi generi di rappresentanza non necessariamente legati al momento politico. Nascono nuove forme di comunicazione e la rappresentatività può essere garantita dalla presenza reticolare di gruppi di pressione che occupano spazi della comunicazione. Basti pensare all’informazione che si muove secondo modelli del tutto diversi da quelli tradizionali grazie ad Internet a cui corrisponde la circolazione garantita dai grandi apparati dei mass-media che sono come grandi dinosauri, pare sulla via dell’estinzione. Alle nonne vanno quotidiani e televisioni, ai nipoti tutti gli altri mezzi più leggeri e volatili, dice Eco delineando un futuro scenario globale in cui il libro (il tema portante di queste giornate veneziane) non muore, anzi stabilisce parametri di filtraggio e di compensazione rispetto a una memoria informatica enorme e incontrollabile, diffusa negli infiniti gangli della comunicazione.

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vedi anche
Filosofia (e) politica