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La libertà salverà la globalizzazione
Il premio Nobel per l'economia,
l'indiano Amartya Sen, indica limiti e prospettive del mercato planetario. Con
un obbligo: difendere la democrazia
Esce
oggi Globalizzazione e libertà, raccolta di saggi di Amartya Sen, Premio Nobel
per l'economia '98. Del volume (Mondadori, pagine 168, euro 14,60) anticipiamo
due brani dal capitolo "La libertà e il nostro futuro".
Qualunque tipo di libertà analizziamo, dobbiamo prendere in esame
sia l'importanza che ha in sé sia il suo ruolo strumentale. A proposito delle
libertà politiche, si sente chiedere, a volte, se "contribuiscano allo
sviluppo". Di fatto, una risposta negativa (che include l'obiezione, così
spesso sostenuta, che la democrazia sia nemica della crescita economica) ha
corroborato tendenze politiche autoritarie in diverse regioni del pianeta,
dall'Asia orientale all'America latina. La prima cosa da osservare per valutare
questa linea di argomentazione è che questo modo di porre la domanda disconosce
un aspetto cruciale: le libertà politiche e i diritti democratici sono elementi
costitutivi dello sviluppo. La loro rilevanza non deve essere stabilita
indirettamente, per mezzo del loro contributo al Pil. Che siano ricchi o
poveri, se non godono delle libertà politiche i cittadini sono deprivati di un
elemento fondamentale per una buona vita. Tuttavia, una volta riconosciuta
questa connessione, dobbiamo sottoporre la democrazia all'analisi che ne
consegue, poiché esistono altri tipi di libertà. Vale la pena di notare, in
questo contesto, che ampi studi comparativi non hanno fornito supporto empirico
alla convinzione che la democrazia sia dannosa alla crescita economica. In
effetti, l'evidenza indica, piuttosto incontrovertibilmente, che la crescita è
favorita da un ambiente economico accogliente anziché dalla durezza del sistema
politico.
Allo stesso modo sembra chiaro che la democrazia e i diritti
politici e civili tendono a rinforzare libertà di altra specie (come la
possibilità di sopravvivere e la sicurezza economica), dando voce alle persone
in condizioni di deprivazione o più vulnerabili. Il fatto che nessuna grande
carestia si sia mai verificata - persino nel caso di nazioni molto povere nel
corso di gravi crisi alimentari - in un paese democratico con elezioni
regolari, partiti di opposizione e un'informazione relativamente libera, illustra
in modo semplice l'aspetto più elementare della forza protettiva delle libertà
politiche. Nonostante le sue molte imperfezioni, la democrazia indiana ha
generato incentivi politici sufficienti a evitare carestie di grandi
proporzioni (l'ultima delle quali si verificò quattro anni prima
dell'indipendenza, nel 1943), mentre la maggiore carestia di cui si ha memoria
si è verificata in Cina nel 1958-61 e ha provocato quasi 30 milioni di morti.
Proprio ora, i due paesi colpiti dalle carestie di maggiore entità sono tra i
più nettamente dittatoriali, vale a dire Corea del Nord e Sudan.
La forza protettiva della democrazia è in effetti capace di
fornire sicurezza in misura molto più estesa di quanto riescano a farlo i
tentativi di prevenzione delle carestie. Il povero nella Corea del Sud o in
Indonesia potrebbe non essersi preoccupato troppo per la democrazia nel periodo
del boom economico, quando le condizioni di vita di tutti sembravano migliorare
nella loro totalità. Ma quando l'economia è entrata in crisi, la democrazia e
le libertà politiche e civili hanno cominciato a mancare disperatamente a chi
vedeva cambiare i propri mezzi economici e la propria vita in maniera del tutto
inaspettata. Da un punto di vista generale, una riduzione del Pil del 5 o del
10% non è certo una calamità, se fa seguito a decenni di tassi di crescita
annuali tra il 5 e il 10%. Se tuttavia la riduzione grava iniquamente sulle
fasce più svantaggiate, queste ultime potrebbero trovarsi in serio pericolo e
aver bisogno di sostegno sociale. La democrazia è diventata ora un tema
centrale in Corea del Sud e in Indonesia. Non vorremmo dover aspettare una
crisi economica per apprezzare la forza protettiva della democrazia.(...)
Per guardare alle prospettive e ai bisogni futuri con adeguata
chiarezza e profondità, una concezione incentrata sulla libertà presenta molti
vantaggi rispetto a punti di vista più convenzionali. Primo, fornisce il
contesto per interpretare il progresso individuale e sociale sulla base dei
suoi obiettivi fondamentali piuttosto che dei suoi strumenti più immediati.
L'aumento delle capacità di vita e delle libertà ha un rilievo intrinseco che
lo distingue, ad esempio, dall'incremento della produzione di merci o dalla
crescita del Pil.
Secondo, una concezione incentrata sulla libertà offre anche
lucide indicazioni strumentali, perché libertà di diversa specie si sostengono
vicendevolmente. Mettere a fuoco le connessioni fra libertà di diverso tipo ci
conduce molto oltre la prospettiva limitata delle singole libertà isolate. Viviamo
in un mondo di molte istituzioni (tra le quali il mercato, il governo, la
magistratura, i partiti politici, i media, ecc.) e dobbiamo fare in modo che si
possano supportare e rafforzare tra loro, anziché ostacolarsi a vicenda.
Terzo, questa prospettiva più ampia ci consente di distinguere tra
1) gli interventi repressivi dello stato che soffocano la libertà, l'iniziativa
e l'impresa, e depotenziano l'agire individuale e la cooperazione e 2) il ruolo
di supporto dello stato nell'allargamento delle libertà di fatto degli
individui (ad esempio, garantendo l'istruzione pubblica, le cure sanitarie, le
reti di sicurezza sociale, le agevolazioni del microcredito, buone politiche
macroeconomiche, salvaguardando la concorrenza industriale e assicurando la sostenibilità
epidemiologica e ambientale).
Quarto, un approccio incentrato sulla libertà può concorrere a
fornire una visione adeguatamente ampia ed estensiva delle esigenze degli
esseri viventi. La libertà in senso largo comprende i diritti civili e le opportunità
economiche e sociali da un lato e, dall'altro, l'eliminazione di fondamentali
illibertà come la fame, l'analfabetismo, le malattie non assistite e altre
situazioni di assenza di garanzie sociali. Abbiamo bisogno di un approccio
integrato ai problemi e alle prospettive del mondo futuro. É di importanza
cruciale superare la visione frammentata di chi sostiene solo libertà di natura
particolare, negando l'importanza delle libertà di altra specie (in alcuni casi
considerando in effetti dannosi altri tipi di libertà). Occorre una nozione
chiara dell'interdipendenza di libertà di diversa specie e del loro ruolo di
reciproco sostegno.
Infine ho sostenuto, nei termini della distinzione medievale fra
"agente" e "paziente", un diverso punto di vista sullo sviluppo
e il cambiamento sociale. Questo approccio è radicalmente diverso da quelli che
considerano le persone beneficiarie passive di ingegnosi programmi di sviluppo.
La possibilità di risolvere problemi antichi (ereditati dal passato, come disuguaglianza e povertà) e nuovi (come il degrado dell'ambiente o il sovraffollamento) dipende innanzitutto dalla capacità di rafforzare le diverse istituzioni a presidio delle differenti ma interrelate libertà. (...) In tal senso, il nostro futuro dipenderà soprattutto dal successo nell'ampliamento delle rispettive libertà, ottenuto attraverso il rafforzamento delle diverse istituzioni che sostengono e favoriscono le nostre capacitazioni umane. In questo, ritengo, risiede la più importante indicazione per il nostro futuro.