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Eguaglianza senza conformismo
Ronald Dworkin, John Rawls e Amartya Sen protagonisti del dibattito sull'equità distributiva
L'edizione
italiana di Virtù sovrana di Ronald Dworkin ha per
sottotitolo «Teoria dell'eguaglianza» e non, come nell'originale, «Teoria e
pratica dell'eguaglianza». E vero che
gli autori che, come Dworkin, si sono occupati in maniera innovativa del
problema dell'eguaglianza hanno saputo dare il meglio di sé grazie a una
notevole capacità di astrazione. In
questo senso, certo si tratta di teorie. Ma quell'omissione non si giustifica
perché è proprio sulla valutazione della loro portata pratica che si misurano autori come Amartya Sen, Martha Nussbaum, John Rawls e lo stesso
Dworkin. Prendiamo dunque un semplice
problema pratico. Una signora non
riesce più a occuparsi personalmente del proprio giardino e decide di assumere
una persona. Ha di fronte a sé tre possibili
candidati, equivalenti dal punto di vista della cura del giardino, che per quel
lavoro percepirebbero una paga uguale.
Il primo candidato è il più povero di tutti, dunque le parrebbe
abbastanza naturale - anzi, più giusto - scegliere
proprio lui, aiutando così, cristianamente, «il più povero tra i poveri». Ma la nostra signora è un tipo riflessivo, e
non si ferma alla prima idea che le viene in testa. Il secondo candidato, pur essendo meno povero degli altri due, è
caduto in povertà di recente, ed è quindi assai più infelice degli altri, i
quali sono da molto tempo abituati alla povertà, ci hanno fatto il callo, e
sono dunque meno infelici. Eliminare
l'infelicità è certamente una cosa importante, forse la più importante. Dunque parrebbe giusto orientarsi sul secondo
candidato. Ma come stanno le cose con il terzo candidato? Ebbene, si scopre che, pur essendo il meno
povero, è afflitto da una malattia alla quale è completamente assuefatto. Se avesse quel lavoro potrebbe finalmente
curarsi, migliorando notevolmente la propria «qualità della vita». E se fosse proprio quest'ultimo - anziché
quello del reddito e quello della felicità - il criterio migliore per scegliere?
E'
facile capire, affrontando riflessivamente situazioni di questo genere, che le
perplessità aumentano. La situazione
appena descritta - che abbiamo preso da Sen, adattandola leggermente -
rappresenta efficacemente alcune teorie redistributive. L'eguaglianza può essere vista in termini di
reddito (così in genere ragionano gli economisti), in termini di felicità o di
utilità (come vorrebbero gli utilitaristi) o in termini di «qualità della vita»
(come vorrebbero Sen e Martha Nussbaum), la quale pone l'accento sulla capacità
che hanno gli individui di scegliere il tipo di vita che hanno motivo di
apprezzare. Quest'ultima teoria è in
competizione con quelle di Rawls e di Dworkin nel cercare di risolvere alcuni
problemi posti dalle altre due. La mera
eguaglianza di reddito infatti non elimina le differenze determinate dalla
situazione di partenza. L'eguaglianza
di felicità o di benessere può essere falsata dalla enorme adattabilità degli
esseri umani, che per essere felici possono modificare le proprie preferenze
adattandole a circostanze non favorevoli.
Dworkin suggerisce piuttosto di ragionare in termini di eguaglianza di «risorse». In questo si potrà dare a ciascuno la
possibilità di perseguire fini diversi, eliminando l'esigenza di dover adattare
le proprie preferenze alle circostanze o di fare buon viso a cattivo
gioco. Una volta eliminate certe
differenze determinate dalle diverse fortune naturali degli individui, sarà
anche possibile giustificare quelle diseguaglianze che derivano semplicemente
dall'uso diverso che gli individui, in piena libertà, fanno delle risorse che
vengono loro date in dotazione, introducendo così un forte elemento di
responsabilità riguardo alle proprie scelte. Per questo Dworkin definisce
«eguaglianza liberale» la propria visione. E una elaborata teorizzazione del
«liberalismo politico», che sia capace di rendere coerente la teoria della
giustizia e i principi redistributivi che la informano con la questione del
pluralismo come tratto persistente delle società democratiche, è ciò che
caratterizza i saggi che Rawls ha pubblicato trent'anni dopo Una teoria della giustizia. Lo stesso Sen apprezza di Rawls il fatto
di porre al centro dell'attenzione la questione della libertà, anche se egli
ritiene che solo il proprio approccio delle capacità
- se confrontato con quelli di Rawls e di Dworkin - è in grado coniugare
pienamente la questione della libertà con quella dell'eguaglianza.
Siamo di fronte a una nobile gara tra teorie felicemente dialoganti e fortemente intrecciate tra loro. Il libro di Dworkin, non a caso, si chiude con un serrato confronto con Sen, nel quale cerca di mostrare la sostanziale equivalenza, sul piano dell'applicazione pratica, delle loro teorie. Entrambe votate a cercare di farci cogliere la sottile distinzione tra «una nazione di uguali e una nazione di assuefatti».