L'ambiente culturale dei giovani a Trieste


Riportiamo un bellissimo testo di Giovanni Grandi, relatore del'incontro su J. e R. Maritain, sui giovani e il loro rapporto con la cultura.

Il tema proposto dal titolo di questo intervento sembra sufficientemente ampio da poter ospitare qualsiasi tipo di relazione. Ciò non significa però che tutti gli approfondimenti possibili siano ugualmente utili per inquadrare meglio l'ambiente giovanile ed il suo rapporto con la cultura.
Vorrei allora anticipare i passaggi che cercherò di fare, in modo tale da rendere più comprensibile la riflessione che intendo sviluppare.
Prima però bisogna sottolineare che le considerazioni che seguiranno non hanno la pretesa di essere un'analisi sistematica ed esaustiva. Si tratta piuttosto di una serie di spunti per la riflessione e per la discussione.
Il percorso sarà dunque questo: anzitutto cercare di isolare il cuore della questione culturale, avendo come riferimento l'affermazione del Papa per cui "una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta". Chiarito questo punto vorrei spendere qualche parola sul modo dei giovani di porsi nei confronti della questione culturale, evidenziando soprattutto le difficoltà.. Infine cercherò di ipotizzare qualche pista per uscire dalle secche o, forse più modestamente, tenterò di lanciare qualche provocazione per un dibattito.

Iniziamo dal cuore della questione culturale. Già in altre occasioni abbiamo avuto modo di discutere su che cosa intendiamo con il termine "cultura". La nostra idea di cultura si chiarisce a partire da un'espressione ben nota: "inculturazione della fede". Parlare di inculturazione significa affrontare due aspetti ben precisi; il primo è il passaggio nella quotidianità di ciascuno dalla fede alla vita, il secondo sono i modi della testimonianza individuale o comunitaria, i modi della presenza a livello cittadino, i modi in cui "fare cultura", in cui promuovere efficacemente atteggiamenti e scelte genuinamente evangelici. La prima evidentemente è una questione di sostanza, la seconda più di forma, se non addirittura alle volte di tecniche. Il percorso - in linea teorica - dovrebbe comunque essere questo: dal momento in cui l'esperienza di fede diventa così intensa e integrale da non poter essere taciuta, si pone il problema di come raccontarla agli altri, di come rendere gli altri partecipi di questo dono. Come nelle migliori tradizioni la sostanza precede la forma, nel senso che prima si pone il problema di che cosa si è e poi di come comunicare efficacemente ciò che si è, in maniera comprensibile per chi ci sta accanto.
Credo che quest'impostazione di fondo sia valida tanto per i giovani quanto per gli adulti; si tratta allora di capire se la scarsa incisività culturale dei cristiani nel tessuto cittadino sia dovuta ad una questione di sostanza o più semplicemente ad una incapacità di trovare i canali e gli strumenti più efficaci per una testimonianza. Darei quasi per assunta la "scarsa incisività culturale dei cristiani"; è un dato che mi pare emerga dai vari documenti che ci ha offerto finora il Servizio Diocesano per la Cultura.
Qual è il motivo di questa scarsa incisività? Se guardiamo all'ambito giovanile azzarderei che si tratta di un problema di sostanza.
Con questa affermazione, su cui lavoreremo tra poco, chiarisco anche il nodo della questione culturale, almeno per quanto riguarda i giovani: il problema è il passaggio tra la fede e la vita.
Se allora intendiamo cogliere il nodo della questione culturale nei giovani cristiani dobbiamo rivolgerci proprio al rapporto tra l'esperienza di fede e la vita quotidiana. Questo è il luogo della cultura; ciò evidentemente non equivale a dire che cultura sia esclusivamente il momento del passaggio dalla fede alla vita; cultura è anche la riflessione che si sviluppa a partire dai valori che si hanno come riferimento, dalla visione del mondo in cui ci si riconosce ecc. Tutto ciò però è riflessione culturale che, per il cristiano, non può che partire dall'opzione di fede. Noi ci rivolgeremo allora al luogo della cultura, a quella zona di passaggio, che vedremo in realtà essere una zona di frontiera, che collega l'esperienza di fede e la vita di ogni giorno.
Che cosa colpisce anzitutto della fede dei giovani? Tutti abbiamo ancora vive nella memoria le immagini delle Giornate Mondiali della Gioventù di poco più di un mese fa, ed anche le testimonianze dei pellegrini ci hanno raccontato di un grande entusiasmo, della gioia di essere in tanti uniti nel nome di Cristo, del desiderio di trasmettere la fede in lui.
Che cosa colpisce della presenza culturale dei giovani? Nulla, se non appunto l'assenza.
Come mai l'entusiasmo che anima i giovani negli incontri intraecclesiali - siano essi locali o mondiali - si spegne quando si tratta entrare nel mondo e di "fare cultura".
Vorrei che, nella riflessione che segue, avessimo in mente a mo' di icona di quanto sto dicendo due occasioni che hanno visto protagonisti i giovani della nostra città in tempi recenti. La prima è costituita dalle Giornate Mondiali della Gioventù di Parigi, a cui hanno preso parte 300 giovani, la seconda è la Missione Giovani, che alla fine ha trovato effettivamente disponibili una decina di persone. Perché dei 300 che si sono letteralmente infiammati al grido di "Cristo Maestro e Signore" soltanto una decina scarsa si sono resi disponibili a scendere nel mondo, ad uscire dalle parrocchie per essere missionari?
C'è evidentemente un intoppo da qualche parte; il passaggio che spesso manca - anche al di là dell'esempio che ho preso come riferimento - è proprio quello tra l'esperienza di fede e la vita di studio o lavorativa. Perché i giovani spesso non trovano le risorse per informare la cultura, per essere testimoni di Cristo al di fuori dell'ambito protettivo e rassicurante delle parrocchie, dei movimenti o delle associazioni, al di fuori dei raduni in cui l'essere in tanti è di per sé una forza?
Ciò che stiamo osservando è la scarsa presenza culturale di quei giovani che si suppone stiano vivendo un'esperienza di fede non superficiale, di quei giovani che seguono i cammini formativi proposti nelle varie parrocchie. Volgiamo in altre parole analizzare il modo di collegare fede e vita di quelle che dovrebbero essere le risorse più fresche delle nostre comunità.

I giovani e la cultura: segue la parte II