|
SPIRITUALITA' E POLITICA,
incontro con don Giuseppe Dossetti
parte 1
Riportiamo il testo di una intervista a Giuseppe Rossetti da parte della redazione della rivista
BAILAMME nell'estate del
1993. Lo scritto è stato rivisto dall'autore. Si trova ora in BAILAMME n. 18-19.
Per maggiori informazioni visita il sito: www.societaperta.it
Io non dico che ci sia una incompatibilità assoluta tra la fede cristiana vissuta con impegno e con lealtà e
l'impegno politico. Non c'è una contraddizione a priori. Sono convinto di questo. Ma sono anche convinto che
ci sono mille e una ragione di cautela e di condizioni difficilissime.
Una prima condizione sarebbe proprio questa: che non ci sia un proposito di impegno politico e questo non sia
in conseguenza di un progetto o nella convinzione di una missione a fare. Nego la missione a fare. Nella politica
non c'è. Mentre abitualmente, e soprattutto nella esperienza concreta, la politica è stata pensata come una missione
a fare. Secondo me questo avvelena tutto.
La seconda condizione è la gratuità , la non professionalità dell'impegno. Dove incomincia una professionalità
dell'impegno cessa anche la parvenza di una missione e la possibilità stessa di avere realmente qualcosa da fare.
Sono allora possibili tutte le degenerazioni.
Detto ciò ritengo, e questo è l'aspetto relativo della conciliazione o della possibilità di mettere insieme le
due cose, che possa accadere per me, per dono fortuito in un certo senso di Dio ( Dio fa sempre dei doni che
sono a modo suo fortuiti), particolarmente in politica, quasi senza coscienza e senza consapevolezza, di fare
qualche cosa che non è destinato al puro insuccesso, anche se non deve mai essere cercato il successo personale.
Non si chiede a priori di volere l'insuccesso; può accadere che , per caso, in modo del tutto fortuito,
inconsapevole accada di fare qualche cosa che ha una sua validità.
A me pare che sia accaduto così in uno o due momenti decisivi della mia vita e della mia azione politica.
Fortuiti. Però qualche cosa si è fatto. Questo lo dico adesso, quando guardo da lontano, dopo tanti anni di
distacco e di decantazione. In quei pochi anni , pochissimi dopo tutto ( compresa la clandestinità sono stati
sette o otto), in cui io sono stato in politica, ho fatto una o due cose importanti. La prima è di avere dato
un contributo decisivo, per il posto che occupavo, alla scelta tra monarchia e repubblica. E' stato un contributo
fortuito , legato a certe circostanze, a certe vicende anche della mia prima azione politica. Ho avuto un peso
veramente decisivo su questo. Insieme con altri, ma direi a preferenza di altri.
Una seconda cosa, che mi pare adesso di una validità relativa ( anche la prima è poi di una validità relativa,
se la si confronta con la realtà che stiamo vivendo), è che ci voleva in quel momento un certo orientamento
sociale, costruire le prime manifestazioni di una certa socialità. In questo ho potuto fare veramente qualche
cosa. Per una stagione, per caso. Per caso. In tre o quattro mesi, si è deciso la riforma agraria, soprattutto
nel meridione , si è decisa la cassa del Mezzogiorno. Sono cose oggi tanto discusse e forse discutibili nella
loro concretezza , ma tuttavia espressione di una tendenza e di una realtà che in quel momento era importante
realizzare. Il fatto che queste cose, passate per le mie mani, hanno operato e hanno lasciato un segno,
sia pure con tante strumentalizzazioni e degenerazioni successive, credo sia da attribuire all'intima intenzione
di disponibilità che c'era nel mio animo.
|
|
|