Lattanzi compie sessant’anni il 12 maggio, giorno prima delle elezioni. È lui
il candidato alla carica di sindaco di Novara per il PRC. Protagonista delle
battaglie del Donegani, una delle più importanti realtà di quello che un tempo
si chiamava “polo della ricerca di Novara”, accetta il distacco alla CGIL e
diventa sindacalista. Ricopre vari incarichi e si impegna a fondo nella lotta di
Essere Sindacato con Fausto Bertinotti contro la deriva moderata del sindacato
italiano. Segretario della Camera del Lavoro di Novara fino al 1998, entra nel
Partito della Rifondazione Comunista dopo la scissione cossuttiana.
Programma DEL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA
per le elezioni comunali di Novara del 13 maggio 2001
presentato dalla lista
contraddistinta dal simbolo “Falce, martello e stella gialli su una
bandiera rossa distesa e inclinata a sinistra, sormontata dalla scritta PARTITO
COMUNISTA. Nella parte inferiore compare la scritta RIFONDAZIONE. Le due scritte
sono separate da due settori circolari - verde a sinistra e rosso a destra -
che, con il fondo bianco del simbolo compongono i colori della bandiera
nazionale.”
Il Partito della Rifondazione Comunista di Novara si è
impegnato in un confronto programmatico con forze politiche, sociali,
associazioni, movimenti della sinistra novarese e di una più diffusa opinione
democratica attenta alla vivibilità cittadina. A questo scopo ha individuato
alcuni obiettivi qualificanti sui quali continuare il confronto che nascono
dalla natura stessa della critica che il Partito della Rifondazione Comunista
muove all’operato della giunta di centrosinistra che ha governato la città in
questi ultimi anni.
Il nostro è un giudizio molto severo perché il
centrosinistra novarese ha, in primo luogo, mancato l’obiettivo di dare una
scossa, di imprimere una svolta al modo di amministrare che ha caratterizzato
per lunghi anni il governo della città fino a consegnarla alla Lega e
determinando un crescente distacco e un diffuso astensionismo di donne e uomini
e di ampie aree della cultura di sinistra, democratica e progressista di Novara.
Non si tratta, quindi, di un giudizio critico su singole
cose fatte o non fatte, pure presente e legittimo, ma di una critica più di
fondo a un modo di amministrare che:
·
ha assunto il “far quadrare i conti” come obiettivo primario e
unico, a prescindere dalla qualità delle soluzioni date ai problemi;
·
non ha fatto nulla per arrestare, anzi ha accelerato, processi di
esternalizzazione e privatizzazione di servizi e funzioni di carattere
prettamente ideologico e propri di una cultura liberista in cui precarizzazione
del lavoro di operatrici e operatori del servizio è molto spesso sinonimo di
abbassamento della qualità del servizio per gli utenti;
·
non ha risolto e spesso ha del tutto trascurato i problemi
relativi all’ambiente (ciclo dei rifiuti, elettrosmog, ecc.) e alla vivibilità
della città e delle sue periferie (sempre più periferiche);
·
ha ignorato l’impatto che sulla città hanno, e soprattutto
avranno, grandi interventi infrastrutturali (dalla Malpensa all’Alta Velocità)
·
non riuscendo a produrre il nuovo PRG si è caratterizzato con
interventi (varianti, PRU, PRUST) il cui segno politico è rappresentato da
un’efficienza e un’efficacia costruite sull’allentamento di vincoli e
compatibilità più generali;
·
ha dimostrato un disinteresse pressoché assoluto per quel che
riguarda i giovani, proponendo solo recentemente alcune iniziative non
coordinate e senza mai trovare efficaci strumenti con cui dar loro adeguata
visibilità.
·
non si è certamente caratterizzato per una lotta intelligente
agli stereotipi del senso comune su immigrati, criminalità, prostituzione, ecc.
che alimentano quelle subculture xenofobe, razziste, contro le diversità nelle
quali affonda le sue radici una miscela esplosiva molto pericolosa per la
cultura e la convivenza civile del nostro paese.
Tutto ciò è aggravato dal fatto che questi sono stati gli
anni in cui il processo di trasferimento di deleghe e poteri verso il sistema
delle autonomie locali ha conosciuto una notevole accelerazione. Molto spesso in
nome di un federalismo tutto ideologico e privo di un adeguato trasferimento di
risorse finanziarie e professionali si sono alimentati processi assurdi di
privatizzazione ed esternalizzazione di servizi e funzioni. In tutto ciò Novara
ha completamente mancato un ruolo positivo e intelligente di capofila di un
territorio (la città da sola rappresenta un terzo della provincia) in grado di
coagulare volontà, intelligenza e risorse per caratterizzare i processi di
decentramento come avvicinamento ai cittadini di un partecipato potere di
decidere e di una partecipata azione di controllo sull’uso delle risorse.
Per il Partito della Rifondazione Comunista amministrare
una città significa anche:
·
dare senso politico a una comunità, organizzando e attivando
processi di partecipazione
·
promuovere e dare spazio alle culture critiche e alla loro capacità
d’intervento;
·
promuovere e far vivere spazi di aggregazione intelligente e
autogestita;
·
costruire sedi e attivare processi di un positivo interscambio
generazionale;
·
valorizzare processi di aggregazione delle donne e riconoscerne le
capacità concrete prima ancora che astratti diritti;
·
organizzare battaglie politiche partecipate contro un malinteso
federalismo dello stato che si è concretizzato nelle finanziarie degli ultimi
dieci anni con un taglio di risorse trasferite agli enti locali pari a
sessantamila miliardi di lire all’anno.
Per il Partito della Rifondazione Comunista un programma di
governo della città si deve sostantivare in punti programmatici concreti che
assumano come obiettivi di fondo sui quali orientare tutte le azioni tre
questioni:
1.
La piena occupazione, il lavoro e la sua qualità;
2.
La salvaguardia dell’ambiente e la valorizzazione del territorio;
3.
Il rispetto e l’esercizio dei diritti fondamentali delle persone a
partire da quelle più deboli socialmente ed economicamente
Politiche di bilancio
Il Partito della Rifondazione Comunista ritiene sbagliata e
pericolosa l’impostazione che la giunta di centrosinistra ha dato alle sue
politiche di bilancio, in particolare per ciò che attiene alle entrate e alla
capacità di sostenere e rafforzare i livelli dell’attuale spesa pubblica
garantendo i servizi alla collettività. Fin dall’inizio del suo mandato la
Giunta ha scelto percorsi sbagliati ancorché dagli esiti prevedibili.
Nell’ambito di un processo avviato da alcuni anni, a partire dalla legge 142 i
comuni sono stati sempre più investiti da un grado di autonomia crescente,
anche se spesso più teorico che reale. Ciò si è in pratica tradotto in
progressivi, ma sostanziali, tagli di trasferimenti statali compensati da una
crescente autonomia impositiva. La capacità di amministrare si deve quindi
sempre più misurare con la capacità di adeguate politiche di spesa correlate
ad autonome entrate. Questo comporta una grande responsabilità anche a livello
locale per le politiche redistributive ed eque dei redditi e dei patrimoni. Il
centrosinistra fin dall’inizio del suo mandato, nell’agosto del 1997, ha
deciso di delegare a strutture private attività primarie nel campo delle
politiche delle entrate affidando a terzi con trattativa privata le attività di
liquidazione e accertamento sugli immobili e su altri tributi. Con il risultato
di non ottenere neppure gli obiettivi che si erano ipotizzati A parte il
clamoroso “squilibrio contabile” che ha portato negli anni scorsi a gravi
problemi di copertura economica (senza ridurre i profitti dei privati cui sono
state affidate attività connesse alle politiche delle entrate) il Comune ha
abdicato a un suo ruolo fondamentale come quello di garantire giustizia ed equità
sociale e fiscale. Nella sostanza non si è voluto organizzare in proprio una
delicata e propulsiva funzione (magari coinvolgendo le rappresentanze dei
lavoratori interessati), riorganizzando i servizi a partire da una ridefinizione
appropriata delle dotazioni organiche potenziando, dove necessario, gli stessi
servizi con nuove e qualificate assunzioni.
L’esternalizzazione di servizi così importanti e
delicati è divenuta quasi un “modello”, tanto da essere successivamente
estesa anche ad altri settori ugualmente delicati come quello della gestione
delle strutture per i portatori di handicap, con appalti al ribasso e un
conseguente abbassamento nella qualità dei servizi. Contestualmente si è dato
avvio all’introduzione di una massiccia flessibilità del personale senza
precedenti e che ha determinato una ribellione “storica”, come lo sciopero
generale dei lavoratori del Comune nel marzo 1999. La giunta di centrosinistra,
oltre a perseguire, nei fatti, politiche neoliberiste con attacchi allo stato
sociale e ai diritti dei lavoratori, ha innalzato la pressione fiscale a
svantaggio dei ceti più deboli, dei lavoratori dipendenti e di chi produce
ricchezza. Novara è stata tra i pochi comuni ad aver utilizzato fin da subito
la possibilità facoltativa di applicare l’addizionale IRPEF nella misura
massima. Per incapacità e mancanza di progettualità, poi, l’amministrazione
comunale non ha saputo impedire il costante lievitare della tassa sui rifiuti a
fronte di un servizio di organizzazione e raccolta arretrato rispetto a quello
della maggioranza dei comuni della provincia e di una consistente evasione
facilmente contrastabile con l’incrocio di dati a disposizione (fino a qualche
anno fa dall’incrocio tra le partite delle utenze elettriche e quelle dei
rifiuti risultava uno scarto di ben settemila unità!).
Nell’ambito delle politiche di bilancio la proposta del
Partito della Rifondazione Comunista si articola su due punti fondamentali:
1.
un’azione tesa a ridurre spese non sufficientemente giustificate
(consulenze esterne, progettazioni per opere pubbliche a esterni, ecc.) come è
stato anche per il City Manager o per l’affidamento a terzi di incarichi
dirigenziali pur in presenza di una sufficiente dotazione organica;
2.
un’azione tesa a promuovere una campagna per recuperare evasioni
tributarie, rifiuti, IRAP e altre imposte e tasse comunali, soprattutto quando
vi sono riscontri certi attraverso l’incrocio di dati diversi, e per l’Ici
con l’aggiornamento delle destinazioni d’uso e delle nuove rendite
catastali. È prioritario che tali iniziative di recupero non siano più
affidate a società esterne che già tanto hanno lucrato sugli aggi provocando
un impatto negativo e oneroso sui cittadini. È invece importante che il
recupero delle evasioni si attui attraverso una riorganizzazione e potenziamento
delle strutture e dei procedimenti amministrativi dell’Ente.
Questa riorganizzazione si rende oltremodo urgente e
attuale anche ai fini di quello che il Comune sarà tenuto a fare nei confronti
delle nuove strutture del Ministero delle Finanze che dal 1° gennaio 2001 si è
ristrutturato con una vera e propria organizzazione di stampo privatistico (!)
sostituendo le Agenzie Fiscali agli uffici per la gestione di imposte, catasto e
demanio. Questo nuovo sistema assegna compiti in così delicate e fondamentali
materie a forme di carattere privatistico basate sull’autoreferenzialità
(stante il valore marginale del rapporto con il Ministero) e
sull’autofinanziamento determinato dall’inglobamento di una parte del
gettito recuperato che relega il cittadino al rango di un “fattore della
produzione”. In sintesi c’è il concreto rischio di consegnare i cittadini,
soprattutto le fasce più deboli, in mano ai forti potentati economici,
autoreferenti e autofinanziati. Per queste ragioni è auspicabile
l’istituzione nelle Agenzie di organismi di controllo e verifica simili alla
Camera Penale presso i tribunali e a forme di collaborazione attiva con il
Comune prevedendo la ricostituzione di forme di controllo democratico analoghe
ai vecchi Consigli Tributari con la presenza di rappresentanti dei lavoratori,
delle categorie produttive, dei ceti più svantaggiati e dei consumatori.
Un’attiva collaborazione del Comune sul recupero dell’evasione dell’IRPEF
con l’introito di una quota di quanto recuperato può rappresentare un
efficace strumento di lotta all’evasione fiscale e, nel contempo, una risorsa.
Ciò, d’altra parte, si rende necessario anche per verificare la corretta e
diversificata contribuzione sulla base dei redditi per i servizi a domanda
individuale (asili nido, mense, trasporti, rette per anziani, ricoverati, ecc.)
garantendo l’accesso ai servizi e alle prestazioni sociali tramite una
corrette ed equa applicazione dell’ISEE (indicatore della situazione economica
equivalente).
A questo proposito proprio per garantire l’accesso ai
servizi e alle prestazioni sociali è indispensabile che nel regolamento
applicativo siano previsti principi di
·
gradualità nella contribuzione che rispondano a criteri di equità
in relazione alle condizioni economiche effettive
·
pubblicità e trasparenza delle metodologie di valutazione delle
condizioni economiche
·
definizione di procedure semplici per le richieste delle esenzioni
e delle agevolazioni
Va perseguita una politica tariffaria che introduca
elementi di equità sociale al fine di favorire i disoccupati e i ceti
sprovvisti di reddito.
Sull’ICI il Partito della Rifondazione Comunista
ribadisce le proposte già formulate nel programma delle precedenti elezioni
comunali, tese a eliminare o ridurre in maniera sostanziale la tassa sulla prima
casa per redditi medio-bassi. L’esenzione assoluta dell’ICI sulla prima casa
è un obiettivo che il Comune di Novara può perseguire, anche se esso va
riferito alle categorie di tipo medio popolare, escludendo dall’esenzione
assoluta i villini e le case di lusso. Tutto ciò è possibile rideterminando
l’aliquota per la prima casa al 4‰ con deduzioni fino a £. 500.000 (che
porterebbe all’esenzione totale per le abitazioni con un valore fino a £.
125.000.000). Gli importi attuali derivati dall’ICI sulla prima casa oscillano
tra il 23% e il 30% degli incassi totali ICI e potrebbero essere compensati
applicando aliquote maggiori sulle abitazioni sfitte (è stata prevista per
l’anno 2000 ma scarsa risulta l’effettiva capacità di verifica).
Particolare attenzione va poi posta al recupero dell’ICI derivante dalle aree
edificabili.
Infine, come già detto, è necessario ai fini di un’equa
politica di giustizia fiscale e di ridistribuzione dei redditi l’immediato
ripristino di tali funzioni nella potestà dell’Ente con il completamento
della dotazione organica e l’eliminazione di ogni forma di rapporto precario.
L’utilizzo di risorse interne va avviato contestualmente alla costruzione di
professionalità che sulla questione della lotta all’evasione proprio con le
risorse recuperate possono, nei fatti, autofinanziarsi.
Politiche per il lavoro
Assumere la questione del lavoro come punti cardinale della
propria azione significa, per il Comune di Novara, assumere in proprio il
compito di lottare contro la precarizzazione e per l’affermazione le
l’estensione dei diritti del lavoro. Non si tratta di una scelta marginale
perché il Comune di Novara è il capofila di un territorio provinciale in cui i
fenomeni di precarizzazione sono in continua e sempre più accelerata espansione
e quindi dovrebbe svolgere un ruolo finora assolutamente non svolto, per esempio
nei trasferimenti di competenze avvenute in tema di collocamento, dalla Regione
alla Provincia. Una dimostrazione di questa rinuncia è il fatto che, nonostante
la delibera assunta all’unanimità dal Consiglio Provinciale su iniziativa del
Partito della Rifondazione Comunista, per l’istituzione dell’Osservatorio
sulla qualità del lavoro, non ha avuto alcuna applicazione pratica
nell’assenza e nel sostanziale disinteresse dell’intero sistema degli Enti
Locali novaresi, a iniziare dal Comune di Novara.
In questi processi di precarizzazione e di perdita di
diritti i soggetti più colpiti sono naturalmente giovani e lavoratori anziani,
espulsi nei processi di ristrutturazione, e in particolare le donne. Questa è
una consapevolezza che deve accompagnare tutti gli interventi.
In più la cantierizzazione delle grandi opere, quali la
Grande Capacità, avviene nella sostanziale assenza del Comune di Novara nella
ricerca e nella costruzione di strumenti di controllo sulla qualità dei
rapporti e delle stesse condizioni di lavoro.
Agire nella direzione indicata dal Partito della
Rifondazione Comunista significa, in primo luogo, dare corpo a politiche
territoriali in cui vengano individuati e programmati tutti quegli interventi
che facciano della qualità ambientale, delle risorse professionali, delle
attitudini all’innovazione il dato caratteristico del territorio novarese. In
questo ambito l’affermazione di un polo universitario che si qualifichi nel
rapporto con gli importanti e prestigiosi insediamenti di ricerca esistenti e
faccia della salvaguardia e riaffermazione degli stessi una battaglia di ordine
nazionale, sono questioni centrali per l’attività del Comune di Novara. Tutto
ciò va visto anche come sviluppo di una coerente iniziativa dopo i primi
risultati raggiunti, ma tutt’altro che definitivamente affermati e da
implementare, sul polo tecnologico. Fare ciò significa mettere in campo le
iniziative necessarie sul piano politico, così come su quello urbanistico: il
polo tecnologico e il polo universitario sono tutt’uno con il risanamento
urbanistico ambientale di Sant’Agabio.
Una battaglia per la qualità del lavoro significa poi
agire su piani diversi. Nella sostanza significa avere questi riferimenti
generali come bussola nei rapporti con i punti tradizionalmente e
qualitativamente forti del lavoro a Novara, per esempio nei confronti di Barilla
(ex Pavesi) dove sembra riaprirsi un problema di riduzione e precarizzazione
dell’occupazione. Significa anche agire coerentemente come “datore di
lavoro” diretto, arrestando processi di esternalizzazione di lavori e funzioni
che hanno molto spesso significato, oltre che precarizzazione del lavoro,
dequalificazione di servizi e demotivazione del personale comunale. Si tratta,
cioè, di pensare e reimpostare una macchina comunale che faccia i conti con
nuove competenze e nuovi poteri rispetto ai quali identificare i dipendenti come
una risorsa e un patrimonio importanti da riqualificare e rimotivare lungo un
percorso in cui professionalità del dipendente pubblico e buona qualità dei
servizi ritornino a essere, orgogliosamente, sinonimo.
Significa, però, anche agire coerentemente come “datore
di lavoro” indiretto nei confronti del vasto e variegato mondo degli appalti ,
ponendo fine a un sistema guidato unicamente dal criterio del massimo ribasso e
impostando, invece, criteri di qualità, in particolare nei servizi di cura alle
persone, in cui qualità e diritti del lavoro siano garanzia e condizione della
qualità del servizio.
Significa infine promuovere e costruire, identificandole e
programmandole, da soli e in concerto con il complesso delle istituzioni locali
a partire dalla Regione, nuove occasioni di lavoro in campi non direttamente
mercantili come la salvaguardia del territorio, dei beni ambientali e culturali,
i lavori di cura alle persone, ecc. Non significa, quindi, occasioni di lavoro,
come è spesso avvenuto, costruite in termini assistenziali come ammortizzatori
sociali, ma lavoro qualitativamente ricco, proprio di una società moderna
complessa e complicata e di un territorio e un ambiente tanto fragili, come gli
ultimi e sempre più ricorrenti eventi alluvionali hanno ancora una volta
evidenziato. Si tratta, quindi, di un lavoro su cui costruire nuove e necessarie
professionalità e su cui promuovere anche percorsi di nuova imprenditorialità.
Sanità e assistenza
Si è sviluppato negli ultimi mesi uno strano dibattito su
un nuovo ospedale a Novara che è diventato la palestra per interventi di segno
diverso e di tipo elettoralistico. Si tratta di un dibattito pericoloso perché
indicativo di come gli interessi forti (si pensi al business che una tale opera,
dalla progettazione alla realizzazione, muoverebbe) possano saldarsi a una
visione tutta medicalizzata della salute falsando così le priorità
d’intervento e di dislocazione delle risorse nella sanità.
Altre sono, e non solo per il Partito della Rifondazione
Comunista, le priorità della sanità novarese. In primo luogo la costruzione e
l’operatività dei distretti, intesi come circolazione organizzativa e
territoriale delle attività sociosanitarie.
Il distretto deve essere il luogo
·
di lettura (indagini epidemiologiche, ricerche e monitoraggio
sulla situazione della popolazione anziana, sugli ambienti di lavoro, ecc.) e
interpretazione della domanda di salute;
·
dove rendere esplicita e praticata la priorità di una politica di
prevenzione;
·
dove ricostruire un forte collegamento tra sanità e assistenza,
sapendo che una domanda semplicemente assistenziale non intercettata al momento
giusto e nel luogo opportuno si trasforma in domanda sanitaria, per sua natura
più onerosa.
È pertanto necessario animare un confronto e
un’iniziativa partecipata che abbia come obiettivo la dislocazione su questo
fronte delle risorse necessarie, ricostruendo un intervento di controllo e di
indirizzo della politica e delle istituzioni elettive sulla gestione della sanità
(e dell’assistenza), che rischia ormai la totale autoreferenzialità.
Per l’Ospedale Maggiore di Novara c’è poi l’esigenza
di affrontare in modo diverso il problema della localizzazione universitaria
sapendo che le legittime esigenze di qualificazione accademica e di ricerca non
possono essere messe, di fatto, in concorrenza con la struttura ospedaliera. In
sostanza le esigenze territoriali di salute devono diventare l’asse attorno al
quale riprogrammare esigenze, aspirazioni e risorse professionali.
Per quel che riguarda, più specificamente, l’assistenza
è necessario istruire un confronto serio, coinvolgendo in primo luogo le
associazioni rappresentative degli utenti, sui processi intervenuti nei servizi,
ricostruendo in alcune situazioni momenti di gestione diretta. Contestualmente,
poi, vanno costruiti i parametri (capitolati d’appalto, applicazioni
contrattuali, risorse professionali, dati qualitativi che non partano soltanto
dal massimo ribasso) per una forte selezione nella gestione dei servizi,
diventata molto spesso un veicolo di precarizzazione del lavoro e scarsa qualità
del servizio con il fiorire di pseudoaziende e pseudocooperative.
Una politica per la casa
Per il Partito della Rifondazione Comunista una politica
efficace della casa deve privilegiare due aspetti fondamentali:
·
La casa è un servizio prima ancora di essere un bene. A questo
principio va orientata una politica che abbia lo scopo di soddisfare il bisogno
primario anziché incentivare un diffuso desiderio di possesso che finisce per
spingere le persone e le famiglie nella morsa del credito con i sacrifici
conseguenti e un progressivo abbassamento della qualità della vita;
·
Occorre farsi carico anche delle esigenze di quella parte di
popolazione che per motivi reddituali è fuori dal mercato della locazione,
ormai praticamente deregolamentato
Alla luce di questi due punti di riferimento vanno cercate
risorse destinate ad aumentare il patrimonio di edilizia residenziale pubblica.
Questo può avvenire con relativa rapidità e senza l’apertura di nuovi
cantieri se si privilegia l’acquisizione di patrimonio già esistente
attraverso la legge 560/93. Si tratta di una strada possibile e prevista anche
dalle finanziarie degli ultimi due anni nelle quali si è resa esplicita la
possibilità di rettificare in diminuzione i redditi catastali degli immobili
oggetto di questo tipo di intervento.
Gli effetti di una politica della casa che, utilizzando le
leggi esistenti, sappia intervenire efficacemente nelle dinamiche stesse del
mercato delle locazioni sarebbero immediati e avrebbero come conseguenza:
·
L’immediata disponibilità di un numero consistente di alloggi
vuoti;
·
L’acquisto al minor prezzo legalmente possibile e fissato dalla
legge stessa, impedendo così operazioni speculative;
·
Un mercato sostanzialmente calmierato senza ulteriore
cementificazione del territorio
·
L’obbligo da parte di alcuni degli enti oggi proprietari di
reivestire in ristrutturazioni o in nuove realizzazioni
·
La possibilità di cessioni controllate di alloggi agli affittuari
interessati
Rifiuti, trasporti e aziende ex-municipalizzate
Il Partito della Rifondazione Comunista non ha condiviso i
processi di aziendalizzazione-privatizzazione che hanno interessato le aziende
municipalizzate perché guidati prevalentemente e ideologicamente
dall’obiettivo di ridimensionare l’intervento pubblico e da criteri di
economicità strettamente aziendalistici che esternalizzano e scaricano sulla
collettività costi pesantissimi (l’ambiente, il traffico, la vivibilità
urbana, la sicurezza, ecc.). Pur non essendo obbligatorio che il processo di
privatizzazione progredisse così rapidamente, le decisioni assunte dalla giunta
di centrosinistra di Novara hanno accelerato la trasformazione in S.p.A.
dell’assetto delle ex-municipalizzate. Nella situazione attuale è importante
che, con convinzione, si tenti di mantenere totalmente pubblico il pacchetto
azionario, almeno fino a quando la legislazione nazionale lo consente, e, in
ogni caso, si attuino le azioni necessarie per far svolgere a queste aziende un
decisivo ruolo di indirizzo, gestione e governo dei processi di riforma dei
settori decisivi per la qualità e la vivibilità di una città e del suo
territorio quali il ciclo dei rifiuti e il trasporto locale.
Rifiuti
Per quel che riguarda l’ASSA, il Comune deve affrontare e
risolvere una questione aperta da anni. “Padrone” dell’ASSA, “azionista
di maggioranza” del Consorzio Rifiuti del Basso Novarese, ha accettato
supinamente, quando non alimentato, un costante conflitto tra le due entità.
L’azzeramento dei vertici di Consorzio e ASSA sono il passaggio obbligato da
un lato per la costruzione del Consorzio unico su base provinciale e
dall’altro per caratterizzare l’ASSA su una politica di raccolta e
smaltimento dei rifiuti che faccia della raccolta differenziata spinta, anche in
città, il perno di un ciclo dei rifiuti rispettoso dell’ambiente e dell’economicità
per gli utenti. È proprio attorno a una seria riorganizzazione del ciclo dei
rifiuti che va guidato un progetto di ristrutturazione aziendale dell’ASSA. In
questo senso gli assetti proprietari dovranno essere la logica conseguenza di
un’impostazione che ne faccia lo strumento di indirizzo, governo e gestione
del ciclo dei rifiuti del Consorzio. Si tratta di un processo che riguarda in
primo luogo i vertici aziendali, le loro competenze e la loro capacità di
mettere il patrimonio rappresentato dall’ASSA nelle condizioni di acquisire le
capacità di decidere e guidare i processi di innovazione repentini e continui
che caratterizzano una tecnologia relativamente recente come il trattamento
industriale del ciclo dei rifiuti.
Trasporti
Il Partito della Rifondazione Comunista ritiene la mobilità
un diritto che deve essere garantito sotto la forma di servizio pubblico. Per
questa ragione si pongono per l’AMA-SUN problemi e scelte capaci di
confrontarsi con i processi di decentramento e di liberalizzazione che investono
il trasporto locale, avviato a diventare di totale competenza della Provincia,
mentre la Regione assumerà la totale competenza del trasporto ferroviario
locale. Questi nuovi assetti devono misurarsi con i problemi di mobilità di
persone e merci, della sicurezza, del traffico cittadino, dell’ambiente e del
territorio. In più Novara, che rappresenta un nodo ferroviario molto importante
con una ricca rete di ferrovie locali che rischiano l’abbandono, subirà
l’impatto dell’Alta Velocità. In questo contesto occorrono scelte precise.
Per noi i punti guida sono:
·
una riorganizzazione del sistema attuale delle concessioni del
trasporto locale che elimini le attuali storture (sovraffollamento in alcune
ore, sovrapposizioni e abbandoni) con un sistema a rete, fortemente integrato
con il sistema delle ferrovie locali;
·
la riorganizzazione del sistema della mobilità delle persone e
delle merci attorno al reticolo delle ferrovie locali, con il contestuale
ammodernamento del materiale rotabile;
·
la riduzione della presenza delle auto in città con la
realizzazione di parcheggi d’interscambio esterni e con l’attribuzione di
privilegi e priorità al sistema di trasporto collettivo;
·
la realizzazione di piste ciclabili sicure e regolamentate;
·
promozione dell’utilizzo delle ferrovie locali anche per il
trasporto delle merci, utile ad ammortizzarne i costi d’esercizio, in
collegamento sia con il decollo del CIM che della necessità di piegare sempre
più l’Alta Velocità verso un deciso utilizzo del trasporto ferroviario per
le merci.
In tutto questo l’AMA-SUN rappresenta uno strumento
importante e decisivo per governare, indirizzare e gestire i processi che
investiranno nei prossimi anni il trasporto locale cittadino. La sua
riorganizzazione, la sua ristrutturazione, i suoi assetti dirigenziali e le
competenze esistenti o da costruire e, infine, i suoi assetti proprietari,
devono rispondere a questo ordine di questioni. Del tutto coerente con questa
impostazione è l’organizzazione di un’iniziativa politica in grado di
dettare profonde modifiche al disegno di legge del governo che cancella gli
spazi per scelte diverse dalla privatizzazione “ideologica” e più
rispondenti a situazioni diversificate.
Gestione del ciclo delle acque
Il Partito della Rifondazione Comunista pur riconoscendo la
validità dei principi fondamentali presenti nella legge Galli, in particolare
quelli che sottolineano la valenza pubblica del bene acqua, ritiene che il suo
recepimento a livello regionale e provinciale abbia aperto ampi varchi verso la
possibile privatizzazione della gestione di questa risorsa. Il bene acqua va
salvaguardato rispettando il diritto delle generazioni future a fruire di un
integro patrimonio ambientale, perciò gli usi delle acque vanno indirizzati al
risparmio e al rinnovo delle risorse. Questo obiettivo dovrà essere conseguito
mediante la realizzazione di progetti concreti da parte degli enti gestori,
favorendo
·
il risanamento delle reti esistenti che evidenziano rilevanti
perdite;
·
l’installazione di reti duali (potabile e non potabile) nei
nuovi insediamenti
·
l’installazione di contatori in ogni singola unità abitativa
nonché di contatori differenziati per le attività produttive e del settore
terziario esercitate nel contesto urbano
·
la diffusione dei metodi e delle apparecchiature per il risparmio
idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed agricolo.
Nella sostanza legge Galli e la conseguente istituzione
dell’Autorità di Bacino rendono complessa l’intera partita della gestione
del ciclo delle acque. Oggi la possibilità che un bene prezioso come l’acqua
venga privatizzato e sottratto a qualsiasi controllo è divenuta reale. Nel
comune di Novara la presenza di un ex municipalizzata come la SIN, invece di
costituire un valore e un elemento di difesa della gestione pubblica, rischia di
imprimere un’accelerazione a questo processo con l’ingresso di un partner
privato (fortemente cercato) e la tentazione di porsi come gestore unico su un
territorio più vasto. Il Partito della Rifondazione Comunista ritiene che il
problema prioritario sia ancora oggi quello di fornire alla città acqua
potabile a prezzi contenuti evitando dispersioni e prevenendo le possibili fonti
d’inquinamento. Sembra un progetto semplice, ma non è così, visto che il
“mercato dell’acqua” pare destinato a diventare uno dei business del
futuro. In questo quadro la SIN deve svolgere un ruolo di tutela della gestione
pubblica evitando avventure in altri settori di servizio lontani dagli scopi per
cui era stata costituita.
Occorre poi avviare un grande progetto di depurazione delle
acque di scarico attualmente riversate in corsi d’acqua che nel tempo si sono
trasformati in vere e proprie fogne. La situazione di Novara, ben evidenziata
dal Rapporto sullo stato dell’Ambiente della città è esplicativa: una città
ricchissima di rii e rogge sotterranee compromesse dagli scarichi cittadini. Il
31% di queste acque non vengono depurate in uscita compromettendo sia il
Torrente Agogna che il Terdoppio mentre solo il 10% subisce la separazione acque
bianche e acque nere. Lo stesso impianto di depurazione comunale
è insufficiente a depurare completamente il 45% dei reflui convogliati.
Ciò impone la realizzazione di un progetto pubblico di
risistemazione dell’intera rete idrica novarese.
Un ambiente da tutelare
La vivibilità cittadina è fortemente legata alla qualità
degli interventi sul territorio. A parte le già citate necessità relative al
problema dei rifiuti, occorre ripensare una politica di programmazione
ambientale che consenta di difendere la popolazione dalle devastanti conseguenze
delle opere di grande impatto ambientale.
Va ripresa la battaglia per il contenimento di Malpensa e,
soprattutto, delle infrastrutture ad essa collegate che rischiano di soffocare
la città in una serie di scelte che privilegiano il profitto di pochi alla
salute e alla vivibilità della nostra città.
Analogamente va sviluppata un’adeguata azione per
contenere le devastazioni ambientali e del tessuto urbano legate alla
realizzazione dell’Alta Capacità.
Il crescente sviluppo abnorme della rete di telefonia
cellulare legato agli effetti di una privatizzazione selvaggia del settore delle
telecomunicazioni si lega in modo stretto agli aspetti dell’inquinamento
elettromagnetico e ai possibili effetti sull’ambiente e sulla salute
dell’uomo. Ciò impone un’attenzione particolare da parte delle
amministrazioni comunali. Il diritto alla salute dei cittadini è certamente il
punto più qualificato. La città di Novara si è dotata di un regolamento in
materia di installazione delle antenne, come primo passo avanti. Ciò non è
sufficiente se non supportato da strumenti che permettano: il controllo
sistematico ed attento dei livelli di inquinamento elettromagnetico attraverso
l’acquisizione di strumenti per le misurazioni da parte dei soggetti deputati
ai controlli (ASL, ARPA) ora insufficienti, che rischiano di rendere
inapplicabile regolamenti e leggi dello stato.
Oltre a ciò, nell’ottica di ridurre al minimo gli
impatti del campo elettromagnetico sulla città occorre prevede che, fino a
quando non verranno introdotti anche in Italia tipologie di impianti meno
impattanti, che le antenne vengano delocalizzate in aree esterne al centro
abitato, imponendo vincoli urbanistici precisi.
La presenza a Novara di un sito censito nella mappa delle
situazione a rischio predisposta dalla Presidenza del Consiglio dei
Ministeri e dal Ministero dell’ambiente impone altresì per tutti gli
impianti radio-televisivi la delocalizzazione fuori dal contesto urbano ed un
ruolo attivo dell’amministrazione comunale.
Il Partito della Rifondazione Comunista propone inoltre che
fino all’approvazione dei dispositivi contenuti nelle legge quadro e la
definizione da parte della Regione e della Provincia dei piani ad esso collegati
non vengano rilasciate ulteriori autorizzazione alle compagnie telefoniche per
nuovi siti.
Scuole e asili nido
Attualmente l’offerta del servizio può soddisfare solo
una piccola parte delle richieste. E’ prioritario ampliare strutture e numero
degli addetti onde, nell’immediato, garantire la fruizione del servizio a
tutti gli utenti che sono in lista di attesa. Va, però, ripensato un vero e
proprio intervento che si ponga, in tempi più lunghi, la possibilità di
soddisfare le esigenze che in questo campo tendono a crescere con progressione
geometrica. Non è soltanto il patrimonio edilizio che viene messo in
discussione, ma la stessa qualità complessiva del servizio e la sua capacità
di dare risposte sufficienti alle necessità della popolazione.
Occorre prevedere un maggiore raccordo dell’intervento
anche nel settore delle scuole materne, dove la presenza e la qualità delle
scuole materne municipali va assunta come modello di riferimento, puntando
gradualmente a valorizzarne il ruolo. Si tratta di dare risposte concrete a una
domanda che, anche in virtù di scelte miopi sul piano nazionale, rischia di
essere orientata verso il settore privato.
Per la scuola dell’obbligo è importante puntare a
rafforzare e qualificare l’offerta di laboratori, biblioteche, strutture
sportive sul territorio, al fine di offrire opportunità educative che
implementino le attività didattiche della scuola pubblica raccordando
l’esperienza scolastica con le esigenze più vaste della popolazione
cittadina.
Per quel che riguarda i portatori di handicap, dopo il passaggio alle dipendenze dello stato
degli operatori scolastici, occorre verificare che tutti gli utenti continuino a
fruire dei servizi necessari, prevedendo, se necessario, adeguate strutture
integrative atte a colmare le lacune per
l’assistenza specializzata ai portatori di handicap.
Politiche giovanili
Dobbiamo purtroppo prendere atto di come ormai da anni le
"politiche giovanili" siano state qualcosa di alieno per
l'amministrazione novarese, di come da tempo manchi una qualunque programmazione
dell'intervento rivolto ai giovani, di come stenti a crescere il discorso legato
alla ricerca, all'università e all’esigenza
far di Novara una città universitaria e questa critica risulta esser
valida sia che si voglia affrontare l'argomento dal punto di vista della
crescita occupazionale, che da quello dell'aggregazione/partecipazione, della
cultura e del tempo libero.
Mancano tutte le strutture (alloggi, mense, biblioteche,
campi sportivi…) che dovrebbero fare da necessario corollario a un polo di
studio e ricerca, mancano gli spazi di aggregazione sociale e culturale che
sarebbero di stimolo ad una città
che si vorrebbe universitaria ma manca soprattutto la volontà di agganciare
l'università al rilancio dello sviluppo di Novara.
La proposta del Partito della Rifondazione Comunista e dei
Giovani Comunisti vuole quindi essere uno strumento per la lotta alla precarietà
e si incentra in tre punti:
·
Lavoro e salario, con il comune che, facendosi carico di un ruolo
di promotore anche rispetto al territorio circostante, crea nuovi impieghi
qualificati e qualificanti nella cura del patrimonio ambientale, culturale e
storico
·
Formazione e studio, con la ricerca di risorse per l'istituzione
di corsi pubblici di formazione rivolti in primo luogo agli iscritti al
collocamento, disoccupati, precari, LSU, inoccupati, studenti, finalizzati a
creare figure professionali qualificate
·
Diritti e servizi, con un "pacchetto" di beni e servizi
inteso non come assistenza caritatevole ma erogato alla persona quale forma di
salario sociale su trasporti,
alloggi, mense, teatro, musei, cinema, concerti, …
A partire dalle carenze oggettive che la città di Novara
dimostra, appare quindi evidente la necessità di realizzare immediatamente ed
in ogni quartiere strutture polivalenti in cui ci siano gli spazi per fare
teatro e suonare, che possano essere sedi adatte alle esigenze dei bambini
piuttosto che degli anziani, in sostanza centri di aggregazione e
partecipazione/autogestione, in cui possano trovare spazio per svilupparsi e crescere le iniziative ed i progetti
provenienti da tutta la società.
Decentramento e partecipazione
L’amministrazione di Novara ha articolato, nel corso
degli anni, il proprio territorio in 13 Circoscrizioni cittadine. Esse, operando
quali organismi di partecipazione, decentramento, consultazione e gestione di
alcuni servizi di base, hanno sviluppato certamente un ruolo indifferibile per
una buona amministrazione comunale e cioè, dove sono state in grado di farlo,
hanno allargato la platea della partecipazione ed innescato dinamiche di
coinvolgimento degli strati popolari.
Democrazia, partecipazione e decentramento sono infatti
valori sui quali deve poggiare la convivenza delle comunità locali.
Le riforme istituzionali di questi ultimi anni e la crisi
della politica degli anni ‘90 hanno progressivamente indebolito il ruolo degli
organismi di controllo e di partecipazione che negli anni precedenti avevano
permesso conquiste e diritti, soprattutto in una fase in cui fenomeni di
urbanizzazione selvaggia si collegavano a una maggiore consapevolezza delle
proprie condizioni sociali e a momenti di rivendicazione per una maggior qualità
della vita nel territorio urbano e dei servizi.
L’introduzione di più ampi meccanismi di delega
istituzionale, come ad esempio l’elezione diretta dei Sindaci e la
concentrazione dei poteri nelle mani degli esecutivi -compreso il ruolo sempre
più discrezionale dei dirigenti-, non solo si è rivelato inefficace
nell’avvicinare i cittadini alle istituzioni ma ha nei fatti esautorato e
bloccato lo sviluppo di molti organi di partecipazione e il processo stesso di
decentramento.
Non solo. Dal 1996 ad oggi, nonostante le buone parole
dell’attuale amministrazione, sono state ridotte le risorse verso
i CDQ. Infatti, mentre nel 1996 la spesa generale raggiungeva i 755 milioni, nel
1999 era invece di soli 429 milioni nonostante siano aumentati sia il numero dei
Consigli convocati (da 138 a 156) sia quello delle delibere approvate (da 208 a
325).
La revisione dello Statuto del Comune, quindi, deve saper
riaprire l’intera discussione sulla democrazia-partecipazione-decentramento
necessari a spezzare i processi di delega che tendono ad allontanare il
cittadino come protagonista centrale. Qualsiasi ipotesi di revisione deve porre
in essere: l’aumento dei poteri, delle risorse e della rappresentanza sociale.
Solo attraverso tali principi è possibile ottenere quella partecipazione
qualificata necessaria a rendere le Circoscrizioni strumenti efficaci alla
soluzione dei bisogni reali.
Vanno respinte, su questa base, tutte quelle ipotesi di
modifica del sistema elettorale per le Circoscrizioni che, con l’obbiettivo di
garantire la stabilità, finiscono per essere completamente slegate dalle reali
rappresentanze sia politiche sia sociali presenti, finendo per rappresentare gli
interessi di gruppi autoreferenziali e accentuando in tal modo quel fenomeno di
degrado della politica che si esprime nella personalizzazione di essa, dove
popolarità e fama contano più di idee, progetti e risultati concreti.
Il meccanismo elettorale proporzionale è l’unico in
grado di rappresentare una partecipazione realmente democratica e qualificata.
Anche nell’azione amministrativa delle stesse
Circoscrizioni occorre ridare ad esse un ruolo centrale nell’elaborazione
delle scelte dell’amministrazione, attivando precisi ed indifferibili pareri
obbligatori su alcune scelte e introducendo vincoli precisi.
Il progressivo distacco dei Consigli Circoscrizionali dalla
gestione della macchina comunale e le scelte politiche di rendere inefficaci
alcuni percorsi, anche in base all’attuale statuto, ha reso per alcuni versi
le Circoscrizioni semplici
erogatrici di contributi ad associazioni e movimenti operanti nel territorio,
senza una reale capacità di programmazione degli interventi e delle risorse
mentre non risulterebbe sufficiente, seppur necessario, affidare alle
Circoscrizioni piccoli lavori manutentivi.
L’ambizioso obbiettivo che ci poniamo è
quello di rilanciare le Circoscrizioni come organismi di indirizzo
dell’attività amministrativa sul proprio territorio, introducendo la logica
delle conferenze di servizi su questioni che riguardano l’insieme di più
soggetti pubblici (Es. Comune, ASSA, SUN, Servizi Sociali, Farmacie, ASL, altre
Circoscrizioni) e superando organismi, quali il Comitato di Coordinamento delle
Circoscrizioni, o proposte inefficaci, quali l’inserimento dei Presidenti nel
Consiglio Comunale come consiglieri “esterni”. Le Circoscrizioni devono
intervenire nella fase di indirizzo politico, di studio preliminare e di
progetto.
L’unico elemento necessario a ridare senso alla
partecipazione popolare è quello di aumentare ruolo e autorevolezza dei
Consigli di Circoscrizione introducendo vere e proprie Giunte di quartiere in
grado di rapportarsi direttamente con gli altri soggetti istituzionali. E’
necessario che, nella fase della stesura dei programmi elettorali, siano chiare
le proposte e gli indirizzi di gestione delle Circoscrizioni anche aldilà delle
competenze ad esse assegnate proprio perché, in relazione al rapporto con
l’amministrazione comunale, devono essere in grado di formulare proposte che
vengano poi realizzate sul proprio territorio.
Sul piano della gestione delle risorse occorre aumentare
sia la capacità di spesa sia la possibilità di progettare interventi
pluriennali.
Anche sulla questione dell’ambiente è necessario
introdurre una delega specifica alle Circoscrizioni, delega che andrebbe ad
aggiungersi a quelle già in atto: assistenza, cultura, sport, manutenzioni.
Delega che dovrebbe essere intrecciata a tutte le tematiche
inerenti la città, proprio perché una miglior qualità dell’ambiente si lega
sempre di più ad una migliore qualità della vita in generale.
Va inoltre affrontato il problema delle sedi e delle
strutture attualmente inadeguate agli stessi compiti attualmente affidatele.
Perciò proponiamo che il Consiglio Comunale approvi ogni due anni una relazione
sullo stato delle sedi e delle strutture delle Circoscrizioni unitamente ad un
programma di adeguamento delle stesse.
Una città da vivere
Anche su questo aspetto occorre invertire le politiche
finora attivate. La logica tesa al miglioramento del centro cittadino rischia di
non tener conto delle esigenze di una larghissima parte della città, e cioè di
quella maggiormente abitata, che necessita invece di interventi mirati ad una
riqualificazione urbana, ambientale e dei servizi.
Assistiamo da un lato ad un accentramento di strutture e
servizi dislocate nel centro cittadino mentre interi territori mancano di
servizi, di spazi aggregativi, di aree verdi e di svago. La stessa dislocazione
degli esercizi commerciali è indicativa e sintomatica. Mentre il centro detiene
il record assoluto in termini di punti vendita, nelle periferie i negozi
lasciano il passo a Centri commerciali con la conseguente svalorizzazione di
interi quartieri in termini di accessibilità e vivibilità, soprattutto per gli
anziani, dove il commercio al dettaglio (soprattutto generi alimentari e
farmaci) potrebbe invece svolgere anche un ruolo sociale non indifferente. Il
centro, nonostante abbia una popolazione inferiore agli altri quartieri e
dinamiche immobiliari tendenti ad escludere sempre più massicciamente i ceti
medio-bassi, risulta essere il quartiere più vivibile in termini di servizi
mentre la crescita di nuovi aggregati urbani (es. a S. Agabio o nell’area di
S. Rita) rischiano di trasformarsi in quartieri dormitorio dove riemergeranno
fenomeni di degrado sociale e di abbandono soprattutto tra gli anziani e di
emarginazione per i ceti più bassi della popolazione. Infatti, mentre
diminuiscono le dinamiche di crescita della popolazione dagli 0 ai 29 anni,
aumentano le altre fasce d’età soprattutto quella dai 74 in su passata dagli
8074 del 1996 agli oltre 9000 attuali.
Ripartire dalle periferie significa considerare la città
nel suo complesso e non solo per il suo centro, immaginando un piano di sviluppo
urbanistico armonico e policentrico, dove il cittadino assuma un ruolo centrale
rispetto agli interessi molto spesso speculativi che gravano sulla città e sul
territorio.
Anche
su questo aspetto, si gioca il ruolo delle Circoscrizioni che devono essere
messe in grado di intercettare e rispondere alle esigenze della popolazione,
soprattutto in quei quartieri dove spesso essa è l’unico luogo di
aggregazione sociale, dotandole di risorse ad hoc soprattutto con interventi di
tipo assistenziale e di inserimento sociale, anche in collaborazione con
associazionismo e volontariato che non possono e non devono sostituirsi al ruolo
di indirizzo proprio dell’ente pubblico.
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